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DiMichele Assia
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Nel suo racconto “Mario e il mago”, lo scrittore Thomas Mann descrive una società malata che soccombe al dominio autoritario. Queste sono connessioni che sono ancora attuali oggi.
Infatuazione (italiano: innamoramento) è un termine indispensabile per comprendere la politica italiana. Denota la tendenza degli elettori italiani a precipitarsi nel cuore dei politici. E altrettanto rapidamente escluderli. Abbandonarla senza pietà. Non è quindi una categoria del campo del razionale. Al contrario, la parola “Innamoramento” rappresenta le emozioni in politica, la dimensione dell’irrazionale.
Nel caso di Giorgia Meloni, 45 anni, nuovo capo del governo italiano, i momenti di incoraggiamento e di lasciarsi andare sono particolarmente importanti. Perché secondo questa lettura, il co-fondatore del partito Fratelli d’Italia scomparirebbe presto dalla scena politica. L’Europa democratica sarebbe felicissima se si intravedesse un rapido allontanamento di questo erede del fascismo italiano, tanto più che anche altri governi europei, come in Ungheria o in Polonia, scommettono sulla ricetta autoritaria. C’è il rischio di infezione. Si ritiene che la Meloni abbia uno spiccato talento politico. E già prima delle elezioni legislative del 25 settembre molti addetti ai lavori della scena politica italiana si chiedevano perché fosse a capo di un partito post-fascista, quando in altri partiti sarebbe stata in buone mani, in questo caso di più democratico. .
Innamoramento – che l’elezione di Melonis non poteva che essere una breve e forte ondata emotiva dell’elettorato in attesa di conferme. Sei di fronte a una società che è in costante declino e aspira a un mondo con condizioni chiare. E chi vuole essere protetto dalle onde della storia. Furono proprio questi motivi a favorire l’emergere del fascismo in Italia negli anni ’20.
Anche allora, c’era poca convinzione nella tesi che questo fosse solo un breve assaggio del flirt con l’ideologia fascista. Già l’autore Thomas Mann, nel suo racconto “Mario und der Zauberer”, pubblicato nel 1930, aveva fatto notare quanto possa essere pericolosa l’irrazionalità in relazione al fascismo. i primi anni 1920. Assistette alla marcia fascista su Roma nel 1922 e all’attacco di Hitler alla Feldherrnhalle un anno dopo. E il suo scritto dedicato a Gerhart Hauptmann: “Von deutscher Republik”, in cui si schiera a favore della Repubblica di Weimar, gli è valso i più forti attacchi da destra. Insomma: Thomas Mann era sensibilizzato.
Un soggiorno con la sua famiglia nella località italiana di Forte dei Marmi nel 1926 dovrebbe solo confermare la sua conclusione che il fascismo italiano è una palese perdita di civiltà. Come spesso accade, le esperienze di vita reale di Thomas Mann sono qui condensate narrativamente.
Da quando Mann ha distrutto i suoi diari, scritti negli anni ’20, poco rimane per far luce sulle circostanze che circondano la creazione del racconto. Una lettera a Hugo von Hofmannsthal dà almeno un’impressione: “Avevamo molta luce e calore, ei bambini erano felici sulla spiaggia e nel mare caldo”, riferisce. «Inizialmente non sono mancati piccoli disagi, legati all’attuale clima nazionale sgradevole, esagerato e xenofobo, che ci hanno insegnato che non è bene recarsi in un resort in questo Paese in alta stagione prettamente italiana», spiega. È vero che «il popolo presente ha conservato la sua cordialità e non è intellettualmente sotto la pletorica influenza del Duce. Nel complesso, però, non posso dire che questa visita avrebbe accresciuto il mio rispetto per gli italiani, nonostante le loro belle doti fisiche e intellettuali. Conclude la lettera con il pensiero: “I francesi ei tedeschi mantengono davvero il livello europeo (anche se io, inclusa ovviamente l’Austria). L’Inghilterra è un po’ sotto, l’Italia ancora di più. Ho sbagliato ? A quel tempo, Mann pensava che fosse impossibile che Hitler potesse imitare Mussolini. Anche una mente come lui può sbagliare.
La risposta al suo racconto basato sugli eventi nell’Italia sotto il fascismo è sempre stata positiva, come dimostra un eccellente commento (“Late Stories 1919-1953”) pubblicato da Verlag S. Fischer nella Great Thomas Mann Edition. “Un nuovo magistrale”, un “misto di grazia e vivacità”, dicevano nelle recensioni. La stampa ha definito questa storia un piccolo capolavoro perfetto. Aveva ricevuto solo così tante lodi per un racconto per “Morte a Venezia”.
Come sappiamo, Thomas Mann era rispettato in tutto il mondo per la lotta che aveva condotto in esilio contro Hitler e i nazisti dalla metà degli anni 30. Secondo le testimonianze della figlia Erika, nonostante la precoce emigrazione dalla Germania nel 1933, per primo doveva essere convinto. All’inizio non voleva prendersi una pausa completa. Ma al più tardi nel 1936 era anche una voce pubblica risoluta contro i nazisti.
Contrariamente a questa esitazione, anche prima della nomina di Hitler a cancelliere nel 1933, aveva lavorato alla narrazione che avrebbe esposto la vulnerabilità delle masse al veleno populista dei politici di destra.
Nel suo racconto fa apparire il mago Cipolla, il cui personaggio si ispira all’ipnotizzatore Cesare Gabrielli (1881-1943), allora molto conosciuto in Italia. Questo Cipolla di solito sta di fronte al suo pubblico fumante, mostrando i suoi denti gialli con i suoi capelli neri pettinati all’indietro e facendo schioccare ripetutamente la frusta. La frusta, spiega il commentatore di Mann Hans-Rudolf Vaget, ricorda il dittatore Adolf Hitler, con cui si fece fotografare prima della “presa del potere”. Cipolla lascia che il pubblico la celebri come una maga. Ma man mano che la storia procede, la realizzazione diventa sempre più evidente: non è altro che un ipnotizzatore da quattro soldi. Un impostore.
Thomas Mann, l’amante dell’Italia, era convinto che l’attrattiva del fascismo fosse dovuta a una malattia della società. Nella storia è rappresentata dal “mago” Cipolla che fuma e beve alcolici, in un’atmosfera opprimente e opprimente. La gobba Cipolla appare come simbolo della disgregazione della società. Nonostante il grottesco visibile della sua persona, riesce a conquistare la folla. Il mago riesce facilmente nella suggestione di massa e nell’imposizione della volontà. I singoli spettatori che chiama seguono i suoi comandi come se fossero ipnotizzati, torcendo i loro corpi in modo innaturale o tirando fuori la lingua dalla gola il più lontano possibile quando chiama. Il pubblico segue gli eventi come se fosse inebriato. Lui, Cipolla, domina a piacimento e fischia ripetutamente alla folla: “A me Ali occhhi! Gli occhi devono essere fissi solo su di lui. L’atmosfera surriscaldata che Thomas Mann qui magistralmente mette in scena è quella dell’Italia fascista.
Ci sono persone che sono state e sono ammirate per il loro potere prognostico. In ogni caso, vista la storia “Mario e il mago”, difficilmente si può negare che Thomas Mann avesse intuito i movimenti della tettonica sociale prima che le tensioni erompessero in superficie. È un primo psicogramma delle società che hanno ceduto al fascismo. Mann ha definito questa scrittura la sua prima azione di combattimento.
Il fascismo così come il nazismo in Germania rappresentano la deformazione della società, che si basa su una “malattia mentale collettiva”, spiega l’esperto di Mann Vaget. “L’incanto e l’incantesimo della folla”, la messa in scena e il dramma sono elementi centrali dell’interpretazione psicologica del fascismo di Mann. Anche il saggio commento vi si riferisce. Il capo fascista aderisce alla volontà inconscia del popolo. In questo modo, il mago assomiglia alla natura dell’artista. Come sappiamo, Thomas Mann era chiamato “mago” nella sua famiglia. Mann ripete questa connessione tra l’ipnotizzatore e l’artista nella sua opera Fratello Hitler.
Alla fine della storia c’è l’assassinio politico che libera la folla dal seduttore. Mario, umiliato nel peggiore dei casi da Cipolla, estrae una rivoltella e spara al mago per legittima difesa. La corsa è finita. La folla ha deluso il mago. l’amore è svanito