Tempo di citazioni

OCosa è successo veramente alle citazioni? Sono finiti i giorni in cui il medio e l’indice avvolti all’altezza delle spalle attorno a parole come “verità” o “fatto” facevano parte del linguaggio dei seminari umanistici. Sono finiti i giorni in cui Joey provocava una grossa risata nella serie TV “Friends” perché non capiva il significato del gesto. Essere uno degli ultimi ad avere citazioni irregolari nei tweet Donald Trump parlando di se stessi. Il loro uso espressivo oggi ha un retrogusto quasi frivolo. Nulla dimostra la loro perdita di significato più chiaramente del fatto che il loro uso non sembra più fare la differenza nel caso di significanti aggressivi come la N-parola.

Non devi arrivare fino a Peter Sloterdijk, che recentemente hanno lamentato l'”abolizione delle virgolette”, ma il loro boom sembra irrevocabilmente finito. Un buon momento per guardare indietro alla sua turbolenta carriera e chiedersi cosa rivelano la sua ascesa e caduta sui tempi.

La Conferenza di Cerisy-la-Salle

Una scena chiave nella storia delle virgolette è la grande conferenza di Nietzsche che ebbe luogo nell’estate del 1972 a Cerisy-la-Salle in Normandia. In quel periodo, il fiore all’occhiello dei giovani filosofi francesi, da Gilles Deleuze a Jean-François Lyotard, si riuniva per discutere della nuova attualità di Nietzsche. È incredibile quante parole d’ordine del poststrutturalismo – “pensiero nomade”, “decodifica assoluta”, “intensità” – tornino alla conferenza. Mentre Nietzsche era ancora considerato un pioniere del fascismo in Germania, in Francia fu scoperto per segnalare una nuova filosofia della differenza. Particolare attenzione è stata prestata alle sue citazioni durante questo turno.

Il filosofo Eric Blondel ha parlato dell’abitudine di Nietzsche di utilizzare virgolette idiosincratiche per prendere le distanze dai termini della tradizione filosofica. ricordato Jacques Derridas Lezione “Sporen”, con la quale ha dovuto sfidare enormemente i suoi ascoltatori: un tortuoso commento fatto di pure divagazioni su una sola frase di Nietzsche scarabocchiata con noncuranza su un taccuino: “Ho dimenticato l’ombrello”. La lettura di Derrida consiste, tra l’altro, in un tentativo di andare oltre l’interpretazione di Martin Heidegger di Nietzsche con Heidegger; l’affermazione che nei testi del famigerato misogino Nietzsche, il “fallogocentrismo” occidentale – idee come verità, essenza, identità – sono minate; e infine e soprattutto uno schiaffo sonoro per i due editori italiani di Nietzsche Giorgio Colli e Mazzino Montinari, la cui nuova edizione edita da Gallimard ha tratto la frase dall’ombrello dimenticato.

Con la loro edizione, Colli e Montinari mirano a ricostruire il “vero” Nietzsche. Per correggere le omissioni e le falsificazioni delle vecchie edizioni, avevano ridecifrato tutta la sua successione, compresa la frase sull’ombrello dimenticato, che Montinari aveva trascritto e adottato così come l’aveva trovata in Nietzsche, cioè tra virgolette.

Alberto Gabriele

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