Tra le 63 persone prese di mira nell’ambito dell’operazione Waterfront contro il potente clan mafioso della ‘Ndrangheta nel sud Italia c’erano 11 dipendenti pubblici, secondo una dichiarazione della guardia di finanza calabrese.
Sono sospettati di aver commesso reati quali frode negli appalti pubblici, abuso di potere e corruzione.
“Scopo dell’associazione per delinquere era garantire il controllo dell’intero sistema degli appalti pubblici indetti dalle stazioni appaltanti calabresi”, si legge nel comunicato.
Quattordici persone sono state poste agli arresti domiciliari e la polizia ha sequestrato i beni finanziari di 45 indagati, nonché beni appartenenti a 36 società situate non solo nel sud del Paese, ma anche a Roma e in Toscana.
Secondo gli inquirenti l’intesa era composta da diverse società “capaci di aggiudicarsi almeno 22 gare pubbliche in violazione delle regole delle aste con l’aiuto della mafia, frodando sistematicamente la Regione Calabria e la Comunità Europea”.
Sette dei bandi indetti tra il 2007 e il 2013 riguardano 42 milioni. L’UE sta finanziando la ricostruzione delle aree urbane e costiere nei pressi di Gioia Tauro, città portuale all’avanguardia nella ‘calzatura’ italiana.
Anche nei mercati pubblici interessati è stata rilevata una “frode sistematica”, ha riferito la polizia.
Oltre alle violazioni contabili, gli investigatori hanno accertato anche che le imprese complici non hanno verificato la qualità dell’asfalto posato in diversi impianti sportivi e nel parcheggio sotterraneo della Torre Gioia, e hanno utilizzato «materiali scadenti» per gettare in calcestruzzo tratti di un’autostrada in relazione ai requisiti contrattuali. .
Con sede nella regione più meridionale della Calabria, la ‘Ndrangheta ha superato la più nota organizzazione criminale siciliana, Cosa Nostra, per diventare il clan mafioso più potente d’Italia.
A dicembre, una massiccia operazione di polizia contro il gruppo ha portato all’arresto di 334 persone, tra cui un colonnello di polizia e un ex parlamentare.