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Qatargate, inchiesta entra nella Fase 2 con nuovi sospetti: pronta richiesta di revoca immunità per alcuni parlamentari
di Giuliano Foschini, Claudio Tito
Qatargate, inchiesta entra nella Fase 2 con nuovi sospetti: pronta richiesta di revoca immunità per alcuni parlamentari
Il Parlamento europeo è chiamato dalla procura di Bruxelles a decidere la sorte di alcuni membri coinvolti nelle indagini. È l’incendio divampante dello scandalo
“Qatargate” è solo l’inizio. Questa è la prima punta dell’iceberg. C’è un altro mondo da scoprire sotto. E già dalla prossima settimana la procura di Bruxelles avvierà una nuova inchiesta. La “Fase 2” delle indagini dovrebbe iniziare lunedì prossimo. Con nuove indagini e soprattutto con nuovi indagati. E questa volta il Parlamento europeo sarà direttamente coinvolto. Dovrà pronunciarsi formalmente sul “caso” che da tre settimane sta scuotendo uomini e uffici a Bruxelles e Strasburgo. Infatti, proprio in quelle ore, una comunicazione ufficiosa è stata inviata dai giudici belgi alla presidenza dell’Eurocamera. Avverti che gli inquirenti stanno pensando di chiedere la revoca dell’immunità per alcuni parlamentari europei in tempi brevissimi. Segno che l’indagine sta compiendo un primo salto di qualità.
I pubblici ministeri di Bruxelles stanno chiudendo il loro caso. Ciò riguarderebbe attualmente due eurodeputati: l’italiano Andrea Cozzolino e il belga Marc Tarabella. Mentre attualmente il posto di un’altra belga di origini italiane, Maria Arena, sarebbe dormiente.
Questa mossa comporterebbe inevitabilmente la diffusione dello scandalo a macchia d’olio. Nuovi delitti, nuove indagini, nuove ricerche. Questo è in effetti per rimuovere l’immunità. Senza i quali i giudici, al contrario, non possono fare nulla. I membri del Parlamento possono essere raggiunti solo per vie legali in caso di flagrante delitto. Come per la greca Eva Kaili, fino a pochi giorni fa vicepresidente dell’assemblea.
Quando la richiesta dei giudici sarà stata formalmente depositata, la Presidente del Parlamento, Roberta Metsola, ne informerà la Camera e quindi deferirà l’esame della richiesta alla Commissione Affari Legali (Juri). Che deve accettare una raccomandazione all’Assemblea che richieda che la mozione sia respinta o approvata. A questo punto – alla prima occasione – il Parlamento voterà la raccomandazione e la decisione sarà adottata a maggioranza semplice.
L’intenzione di Roberta Metsola è comunque quella di dare ai giudici la massima collaborazione. Quindi, se la mozione arriva la prossima settimana, è possibile che il Comitato giudiziario esamini il fascicolo durante la settimana dal 9 al 15 gennaio. I primi giorni lavorativi per le commissioni dopo le vacanze di Natale. E se la raccomandazione verrà trattata rapidamente, la sessione plenaria, in corso a Strasburgo dal 16 gennaio, darà il parere finale.
Data l’attenzione e la devastazione che il Qatargate ha causato, è difficile immaginare che il permesso di procedere venga negato. E se è così, la “Fase 2” dell’indagine inizia sostanzialmente a metà gennaio.
Ma come siamo arrivati qui? Basta rileggere le carte investigative per descrivere cosa trovarono davanti ai giudici e ai servizi segreti.
“Contro il denaro”. Nelle informazioni che i servizi belgi stanno dando al giudice istruttore di Bruxelles Michel Claise, c’è un passaggio che spiega perfettamente cosa potrebbe essere questa seconda fase del Qatargate: il passaggio da corruttori a corrotti. L’ingresso della polizia nell’edificio di vetro del Parlamento europeo. Dietro la porta del vicepresidente Eva Kaili. Secondo quanto riferito dai servizi segreti belgi, almeno un eurodeputato italiano, Andrea Cozzolino, “ha agito per soldi” al Parlamento europeo per rappresentare gli interessi del Marocco.
“Nel 2019-2020-2021 avrebbero ricevuto dal Dged diverse centinaia di migliaia di euro”, scrivono i servizi segreti marocchini. Di questi soldi, però, al momento non c’è traccia negli atti investigativi. Cozzolino non è oggetto di indagine (sebbene il sistema giudiziario belga sia diverso dal nostro, un istituto simile non esiste) e ha chiesto di essere ascoltato immediatamente dai giudici belgi, sostenendo di essere completamente all’oscuro dei fatti e quindi innocente. “È vero”, ha detto a Repubblica, “Giorgi era il mio assistente e capisco il mio nome coinvolto in questa storia orribile. Ma non sapevo nulla dei suoi traffici e, soprattutto, non ho mai preso un solo euro o beneficio per nessuna colpa. Non scherziamo”.
Sta di fatto che la “fase 2” dell’inchiesta è finalizzata proprio a verificare questo. Se è vero che Cozzolino faceva parte di un gruppo che “opera con una discrezione che va oltre la mera prudenza, evitando di essere apertamente filo-marocchina al Parlamento europeo, usando un linguaggio in codice e nascondendo denaro nelle proprie case”. documenti . E per questo, già nelle prossime ore potrebbe essere richiesta l’autorizzazione a procedere. Oltre agli elementi emersi dalle indagini, prima dei servizi e poi della polizia belga, gli atti contengono anche le dichiarazioni degli arrestati. Giorgi ha detto che “presume” che Panzeri possa aver dato i soldi a Cozzolino.
Kaili ha detto del denaro trovato a casa sua che il suo socio Giorgi “potrebbe conservarne un po’ anche per il suo capo Andrea Cozzolino”. Lo stesso Panzeri ha provato a scaricare su Cozzolino: “Non ho prove, ma dovresti controllare il presidente della delegazione del Maghreb, Cozzolino. Questo è il deputato il cui assistente è Giorgi. Tra l’altro, ha il compito di chiedere risoluzioni urgenti, ma a noi non succede, quindi non lo so per certo, ma so che è successo”.
La posizione di Cozzolino non è l’unica che la polizia belga deve verificare. Possibile che la richiesta di autorizzazione riguardi anche Marc Tarabella (il posto di Maria Arena al momento è sospeso), che apparteneva direttamente alla rete Panzeri. Diversa invece la situazione per gli altri parlamentari italiani, il gruppo di “amici” come definito nei documenti: Alessandra Moretti, il capodelegazione del Pd, Brando Benifei, i suoi assistenti avrebbero fatto parte dei Panzeri rete (computer e telefoni cellulari sono stati sequestrati e sono attualmente controllati dai tecnici della polizia belga). Ma nulla prova che i deputati sapessero che dietro Panzeri non c’era una semplice Ong. Ma “paesi corrotti” che volevano comprare la democrazia europea.
La Repubblica, 01/01/2022
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