Perché i vescovi italiani corteggiano i cittadini per i soldi delle tasse: la politica

“Fai un atto d’amore” – la conferenza episcopale italiana ha appena pagato un milione di euro per questo messaggio. Pubblicato professionalmente da un’agenzia pubblicitaria esperta e attualmente disponibile su stampa, radio e televisione. Fai un gesto d’amore: L’iniziativa riguarda l’imposta sul reddito. Otto per mille, otto su mille, che la Chiesa cattolica italiana vorrebbe avere, che ammontano recentemente a circa un miliardo di euro l’anno. Vi prego di non confonderlo con il bilancio vaticano, che è alimentato, tra l’altro, dai pagamenti delle Chiese nazionali.

In Germania, dove ci sono molti meno cattolici, le entrate fiscali della Chiesa cattolica sono sei volte superiori a quelle della madrepatria italiana: erano 6,7 miliardi di euro nel 2021. Come sappiamo, vengono riscosse e trasmesse con la forza dallo Stato, e si può fare questa fuga solo uscendo dalla chiesa. A loro volta, lo stanno facendo sempre più cattolici tedeschi, il che è anche legato a una generale crisi di accettazione e sostiene l’appello per un rinnovamento della Chiesa.

Il Vaticano si rifiuta di generalizzare sugli sviluppi in Germania

Tuttavia, quei cattolici e vescovi tedeschi che sono disposti a riformarsi sono disperatamente in disaccordo con il Vaticano su questo argomento. L’arcivescovo Fortunatus Nwachukwu Curia si è appena sfogato. “La Chiesa globale la pensa diversamente e non vive la fede nel modo in cui è attualmente intesa nei Paesi di lingua tedesca”, ha affermato il chierico nigeriano, che il papa ha nominato segretario dell’autorità per l’evangelizzazione, e chiede niente di meno che un cambio di prospettiva: “L’Europa ha portato la fede nel continente africano, oggi l’Africa può restituire una fede viva e fedele.

Negli ambienti vaticani piace dire che i tedeschi hanno il problema che a causa della diminuzione delle tasse ecclesiastiche e del rapido aumento del numero ufficiale di persone che escono dalla Chiesa, viene rivendicata e generalizzata in modo inammissibile una crisi di accettazione: altri paesi non avere questi problemi. Ma anche l’Italia ha una scappatoia fiscale, ma bisogna guardarla più da vicino. In particolare, tutti i contribuenti – indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa – devono versare lo 0,8% dell’imposta che devono comunque versare per finalità sociali e culturali, otto per millee ogni contribuente può decidere per chi.

I soldi possono andare alla Chiesa cattolica, ma anche a beneficiari protestanti, ebrei, indù e buddisti o addirittura allo Stato. A prima vista, questo può rassicurare la Chiesa cattolica che è ancora scelta dal 70% dei contribuenti; lo stato segue al secondo posto (24%). Ma questo riguarda solo, e qui sta il difetto, quella minoranza del 40% che indica addirittura un portatore. Il restante 60% lascia aperto il divario; la loro quota viene poi distribuita tra tutte le istituzioni.

Il 70% del 40%, la conferenza episcopale di un Paese con l’80% di cattolici non può accontentarsi di questo, per questo chiede con tanta insistenza: “Fate un atto d’amore”. E per favore uno che possa giovare alla Chiesa cattolica.

Alberto Gabriele

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