Come interrompi una relazione senza turbare permanentemente il partner da cui continui a dipendere? Il governo italiano di Giorgia Meloni sta tentando attualmente questa impresa. La politica, che in precedenza aveva attirato l’attenzione per il suo tono radicale sulle questioni di politica estera, ha finora dimostrato di essere un partner stabile e affidabile nella struttura occidentale come primo ministro. Oggi è opinione generale che, per ragioni politiche ed economiche prioritarie, non dovremmo diventare dipendenti dalla Cina come prima.
Ovunque compaiono segnali di separazione, con sgomento di molti rappresentanti del mondo imprenditoriale che temono affari lucrosi con la superpotenza economica asiatica. “Non possiamo permetterci di ritirarci dalla Cina” è il parere quasi unanime anche nell’economia italiana.
Sempre più controverso
Il governo Meloni ha ereditato un problema politico da uno dei suoi predecessori, la strana coalizione populista sinistra-destra guidata dal primo ministro Giuseppe Conte, che richiede grande abilità per disinnescare. Tra lo stupore del mondo, Conte ha raggiunto un accordo con la Repubblica popolare cinese, suggellato durante la visita simbolica del presidente Xi Jinping a Roma. L’Italia è diventata l’unico Paese dell’UE a diventare membro ufficiale della cosiddetta Nuova Via della Seta, “the Belt and Road Initiative”, con cui la Cina investe dal 2013. Centinaia di miliardi di dollari in progetti di investimento sulle rotte per l’ovest. .
Questa cooperazione è sempre più controversa poiché è emerso che serve principalmente ad espandere il potere cinese e creare dipendenze. L’Italia ora si trova ad affrontare il problema che il progetto si solidifica automaticamente dopo un periodo di prova se non viene portato a termine attivamente. Il governo Meloni, sostenuto da tre partiti di estrema destra e che già ha di sé un’immagine piuttosto nazionalista, è ora determinato a uscire da questo programma, considerato giusto anche da gran parte della politica e dell’opinione pubblica italiana. Soprattutto, gli Stati Uniti e l’UE esercitano forti pressioni affinché l’Italia, economicamente forte e membro del G7, non prosegua questo partenariato privilegiato.
Sorprendente benevolenza a Washington
Sembra che la Meloni abbia già preso una decisione in merito, ma non l’ha ancora confermata ufficialmente. Durante la sua prima visita a Washington come capo del governo, qualche settimana fa, si era rifiutata categoricamente di annunciare la sua partenza perché sarebbe stata vista come una chiara provocazione da parte di Pechino. Tuttavia, secondo quanto riferito, avrebbe promesso al presidente degli Stati Uniti Joe Biden una decisione corrispondente, cosa che avrebbe contribuito all’accoglienza sorprendentemente favorevole del capo del governo di destra, anche nel campo democratico.
Il governo romano continua ad avanzare con cautela. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, a capo del partito dell’ex primo ministro Silvio Berlusconi, ha appena visitato Pechino, e altri ministri hanno annunciato la loro presenza. Anche il presidente Sergio Mattarella vuole visitare la Cina e lo stesso Meloni dovrebbe completare il suo viaggio entro la fine dell’anno. Recentemente ha parlato intensamente con il premier cinese Li Qiang alla riunione del G20 in India la scorsa settimana. La cooperazione sulla Via della Seta è stata apertamente discussa, così come la valutazione dell’Italia secondo cui la cooperazione aveva portato all’Italia meno benefici economici del previsto. Pechino non è d’accordo, sottolineando i dati commerciali in crescita.
Possiamo supporre che Pechino sappia e accetti che l’Italia voglia uscire. Ciò rappresenterebbe però una grave perdita di prestigio, poiché l’Italia costituisce una parte importante della comunità degli Stati occidentali. Ma la Roma avrebbe promesso di mantenere in cambio altri contatti. Sarebbe entrato in gioco l’attivazione di un vecchio accordo di cooperazione bilaterale concluso nel 2004 dal presidente del Consiglio Berlusconi.Meloni ha anche chiesto a Washington e Bruxelles se eventuali svantaggi per l’economia italiana sarebbero stati assorbiti dai partner occidentali.
Non sappiamo ancora se tutto questo basterà per uscire senza grossi danni dalla vicenda avviata da Conte. Probabilmente giocherà un ruolo anche la questione se il governo romano sarà più aperto in futuro agli investimenti cinesi in settori sensibili. Recentemente Roma ha mostrato fermezza – sempre in accordo con i suoi partner occidentali – e ha impedito, ad esempio, un’acquisizione su larga scala del produttore di pneumatici Pirelli, considerato sensibile per il suo stretto legame con la produzione automobilistica.