Che Mario Draghi sia così determinato ad andarsene – le sue parole, pronunciate internamente, che aveva “il canale pieno”, potrebbero almeno rivaleggiare in termini di chiara determinazione con il famoso “qualunque cosa serva” del salvataggio dell’euro – ha preso freddo. Il “Movimento Cinque Stelle” aveva innescato la crisi, probabilmente senza voler davvero rovesciare Draghi. Il campo di destra si è affrettato rifiutando a sua volta di fidarsi di Draghi. Dei principali esponenti della coalizione dei dieci partiti, solo il Partito Democratico (PD) socialdemocratico voleva comunque mantenere l’alleanza sotto l’ex banchiere.
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Nel frattempo, però, il Pd si sta inevitabilmente riorganizzando in vista delle elezioni del 25 settembre, per le quali sono possibili solo otto settimane di campagna elettorale, e questo nel bel mezzo di un’estate infernale. I socialdemocratici sventolano la bandiera di una “Agenda Draghi”, anche se non è ancora del tutto chiaro se sia questo il contenuto politico che il premier uscente ha presentato la scorsa settimana alla seconda Camera del Parlamento, il Senato.
Il leader del PD Enrico Letta ha già chiarito cosa questo significhi per le eventuali coalizioni che il suo partito è disposto a formare: dovrebbero essere inclusi solo coloro che hanno votato per Draghi nella votazione di fiducia del Senato di mercoledì scorso. Il suo partito non vuole cinque stelle. La rottura con il M5S è “irreversibile”, secondo Letta.
I socialdemocratici si avvicinano a tutti, ma non alle “stelle”
Quell’impegno – se regge – potrebbe suggellare la già probabile vittoria del campo avversario, un tempo chiamato centrodestra ma ora anche secondo il membro di lunga data, il democristiano di destra Clemente Mastella. Il centro e la moderazione dovrebbero essere finiti quando la Lega di destra di Matteo Salvini e, forse ancora più forte, i “Fratelli d’Italia” post-fascisti-fascisti di Georgia Meloni hanno dato il tono.
A differenza della metà più a sinistra dello spettro politico, la destra è unita. Il vecchio Silvio Berlusconi sembra addirittura essersi rassegnato a un ruolo di comprimario per il suo partito personale “Forza Italia”. Inoltre, i soci hanno promesso al futuro 86enne che, nonostante abbia precedenti penali, gli sarebbe stato permesso di diventare presidente del Senato se avessero vinto insieme le elezioni.
Sembra che questa destra radicalizzata stia vincendo da tempo: attualmente Meloni ei fratelli con Lega e Forza Italia di Salvini hanno il 45-48%. Secondo la legge elettorale Rosatellum, in vigore dal 2017, questo sarebbe sufficiente per ottenere la maggioranza in entrambi i rami del parlamento. Con il Rosatellum che sta quasi forzando le coalizioni, l’esclusione dei Cinque Stelle indebolirà ulteriormente l’alternativa a un governo di estrema destra.
Nelle ultime elezioni del 2018, le star hanno avuto da sole solo un successo travolgente e sono state in grado di nominare l’allora capo del governo. Il movimento è ora in caduta libera in accordo ed è stato ulteriormente indebolito da una scissione quattro settimane fa:
Il cofondatore e ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha lasciato il partito con circa un quarto dei deputati perché voleva tenere il governo sotto il “tecnico”, il non politico Draghi e quindi non ha appoggiato le richieste del capitano del M5S Giuseppe Conte al suo indirizzo.
La definizione di quella che oggi è la forza più forte del campo non di destra, il PD, è soprattutto una decisione direzionale contro i “cinque stelle”, che ora si posizionano nettamente a sinistra e si avvicinano alle elezioni con dichiarazioni sul reddito minimo e ristrutturazione ecologica. Mentre il capogruppo Letta mostra categoricamente la porta al M5S – eletto più di quattro anni fa da elettori Pd delusi: dentro – si apre a destra, ad esempio per il partitino “Azione” dell’ex socialdemocratico Carlo Calenda , che da parte sua ha appena imbarcato un fedele Berlusconi di lunga data, secondo tre ex ministri di Forza Italia, che hanno appena voltato le spalle al vecchio.
Un governo di estrema destra festeggerà il centesimo compleanno di Mussolini?
Ci sarebbe anche il vecchio nemico personale di Letta, Matteo Renzi. Non ha rovesciato Draghi, ma molti altri, tra cui lo stesso Letta, che ha spodestato nel 2014 per diventare lui stesso presidente del Consiglio.
L’anno scorso, dopo gli intrighi di Renzi, Giuseppe Conte dovette lasciare Palazzo Chigi, sede del presidente del Consiglio. Renzi, che ora si divide tra il parlamento e i suoi finanziatori sauditi e qatarioti, era lui stesso un ex leader del Pd e attualmente rappresenta solo il 2,5% con la sua spin-off Italia viva.
Si tratta ormai di molto di più del prossimo governo, ha scritto lunedì il filosofo Paolo Flores d’Arcais in un disperato editoriale per il suo media “Micromega”. Si tratta se la costituzione italiana sopravviverà alle prossime elezioni, che è nata dallo spirito antifascista e ha sempre protetto l’Italia dal peggio dal 1948.
Con queste elezioni, l’estrema destra potrebbe ottenere non solo una maggioranza di governo, ma anche una maggioranza di due terzi che cambierebbe la costituzione, secondo Flores d’Arcais: “La schifosa legge elettorale è spietata”, scrive, riferendosi al frammentazione a sinistra: cioè, se “i non di destra non riescono a mettersi d’accordo su un candidato comune collegio dopo collegio, gli ex neofiloparafascisti (e cleptomane) se la prenderanno tutta. A prescindere dal fatto che il centenario della “Marcia su Roma” di Benito Mussolini nell’ottobre 1922, l’inizio della dittatura fascista, fu poi celebrato da un governo in autunno – celebrato? – potrebbe diventare, che hanno le loro radici lì.
A meno che fratelli completamente nuovi o combattimenti di galli non scoppino nel campo della destra. Secondo diversi media, Berlusconi e Salvini sono decisi, in caso di vittoria elettorale contro le autoproclamate regole, a sfidare Georgia Meloni per la carica di premier. La Meloni intanto ha annunciato di essere disposta a rompere l’alleanza su questo tema.
Fino ad ora, la formazione dell’alleanza che deteneva il maggior numero di voti aveva accesso alla carica di Primo Ministro. Questa volta dovrebbero essere la Meloni ei suoi “fratelli”.
Due uomini vogliono impedire a una donna
I due starebbero pensando di cambiare le regole per evitare lo scalpore che il blog satirico “spinoza.it” ha colto in questi giorni con amaro sarcasmo: “A settembre potremmo avere la prima donna alla carica di Presidente del Consiglio e la prima Nero”. Nero, in riferimento alle camicie nere indossate dai fascisti di Mussolini, è l’acronimo italiano di fascismo.
Indipendentemente dagli scenari apocalittici dipinti per l’era post-Super Mario, gli affari nella Roma politica, nel frattempo, continuano come prima. Draghi, rimasto fermo alla richiesta del presidente Sergio Mattarella di non lasciare il Paese senza leader fino alle elezioni, martedì è stato riascoltato per la prima volta.
Ha annunciato un “autunno difficile” e ha discusso con il gabinetto il pacchetto di aiuti, che ha collegato al voto di fiducia in parlamento due settimane fa. Invece dei 12-13 miliardi di euro, ora devono essere pagati 14,3 miliardi a imprese e famiglie per attutire l’aumento dei costi energetici e alimentari.