Nella notte tra l’11 e il 12 novembre 2023, la 22enne italiana Giulia Cecchettin è stata pugnalata a morte da Filippo Turetta, suo ex compagno. Giulia è la 102esima vittima di femminicidio in Italia nel 2024, ma questa volta qualcosa sembra diverso. Al di là delle emozioni, la sua storia richiede riflessione.
“Ho ucciso la mia ragazza. » Sono queste le prime parole che Filippo Turetta, 22 anni, ha detto alla polizia tedesca durante il suo arresto avvenuto la sera del 18 novembre. Sporco e sotto shock, ha improvvisato una fuga dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, sua coetanea, che non era più la “sua” fidanzata da diversi mesi.
Una settimana prima, l’11 novembre, Giulia aveva incontrato Filippo a cena da McDonald’s. Stavano insieme da un anno, lei si era separata. Era troppo possessivo, disse alla sua famiglia, ma accettò la sua richiesta di rimanere amici. “Vorrei che se ne andasse”ha confidato alle amiche in un messaggio vocale inviato su WhatsApp. “Allo stesso tempo mi dice che è depresso e ha smesso di mangiare. (…) Vorrei scomparire dalla sua vita, ma mi sento in colpa. Forse mi sta dicendo tutto questo solo per tenermi stretto, ma il pensiero che si faccia male e che sia colpa mia… mi sta uccidendo. »
La notte dell’11 novembre Filippo Turetta ha aggredito Giulia Cecchettin a 150 metri da casa sua. Lei perde conoscenza e lui la carica nella sua macchina. Il suo corpo fu ritrovato una settimana dopo in fondo a un burrone e aveva 26 coltellate.
La vicenda della morte di Giulia Cecchettin rispecchia la storia di tutte le vittime del femminicidio e ha commosso profondamente l’Italia. Questa volta, però, l’eco risuona in modo errato.
“ Brucia tutto per Giulia »
In Intervista in diretta per programma televisivo Terzo e Rovescio Il 19 novembre Elena Cecchettin, la sorella minore di Giulia, rimescola tutte le carte.
“Filippo Turetta veniva definito un mostro”dice chiaramente, guardando direttamente nella telecamera. “Ma non è un mostro. Un mostro è un’eccezione, una persona estranea alla società e per la quale la società non ha alcuna responsabilità. Al contrario, la responsabilità è della società. I mostri non sono persone malate, sono il frutto sano del patriarcato e della cultura dello stupro. » Elena conclude la sua chiamata così: “Nessun minuto di silenzio per Giulia. Brucia tutto per Giulia. » Queste parole, diffuse su tutti i social network, hanno suscitato scalpore nella società italiana.
Invece dei due minuti di silenzio richiesti dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara in onore di Giulia Cecchettin, mercoledì gli studenti hanno deciso di far sentire la propria voce. Due minuti “Pettegolezzo” (” Rumore “ in francese) per le donne che non hanno più voce, sintomo di una rabbia che imperversa nelle scuole e nelle strade.
Elena Cecchettin non solo è riuscita a dare un nome agli eventi legati alla morte della sorella, ma ha cambiato completamente il consueto schema narrativo dei femminicidi in Italia. Isabella Borrelli, transfemminista e attivista LGBTQIA+, portavoce dell’associazione italiana Nessuno degli uominiCommenti: “Per la prima volta, la narrativa delle vittime del femminicidio non era piena di sensi di colpa o umilianti. Elena ha opposto una nuova narrazione a quella dei media. E la reazione dell’opinione pubblica non è mai stata così forte e compatta. » Il telespettatore italiano si aspettava di ascoltare una sorella minore disperata. Ha affrontato una giovane donna dura che ha elencato la responsabilità della società patriarcale italiana per la morte di sua sorella.
L’appello di Elena ha scatenato un dibattito pubblico la stessa settimana del 25 novembre, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. L’Unione Nessuno degli uomini ha organizzato per sabato alle 14 due grandi manifestazioni a Roma e a Messina. “Saremo la voce di Giulia Cecchettin e di tutte le altre donne che non hanno più voce”promette Isabella Borrelli.
L’Italia, un paese patriarcale ?
La storia di Giulia Cecchettin e le dinamiche della sua relazione con Filippo Turetta hanno contribuito ad aprire un dibattito pubblico su femminicidio e patriarcato in Italia. Uno dei sei paesi in Europa (insieme a Lituania, Polonia, Romania, Bulgaria e Cipro) che non offre educazione sessuale ed emotiva obbligatoria nelle scuole. Non per niente è un argomento controverso “sociale, culturale, religioso e politico”di conseguenza Rapporto EduForIST 2020, finanziato dal Ministero della Salute italiano. Un Paese in cui il numero degli omicidi si è dimezzato negli ultimi vent’anni (711 nel 2004, 314 nel 2022), ma i femminicidi sono rimasti stabili. Di conseguenza, 72 donne sono state uccise dai loro partner nel 2004 e 70 nel 2022. Dati pubblicati dall’ISTAT.
Mercoledì il ministro dell’Istruzione italiano Giuseppe Valditara ha presentato il piano “Educare alle relazioni”, che mira a introdurre l’educazione sessuale ed emotiva nelle scuole secondarie. Non è obbligatorio e richiede il consenso degli studenti e dei loro genitori.
È considerato superficiale e incoerente dall’associazione “Cattive Maestre”, che da anni si batte per l’educazione sessuale nelle scuole. “Nel suo piano il ministro non parla mai di consenso”spiega Vanessa Bilancetti, portavoce dell’associazione: “Non parla mai di sessualità o identità di genere. Non è quello che chiediamo. » Sulla sua pagina Instagram “Cattive maestre” definisce così il piano del ministero “Un insulto data la rabbia diffusa e generale degli ultimi giorni”.
Per ora la risposta del governo è solo benzina sul fuoco acceso da Elena Cecchettin.
Violenza domestica: risorse
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