“Ho lavorato con i documenti di mio cugino, che non mi assomiglia per niente”

Vive in Francia da più di dieci anni. E purché lavori, come custode nella regione parigina, come muratore, come badante ad Ariège o, da dicembre 2020, come addetto alle pulizie e spazzino a Seine-Saint-Denis. Ma non è mai stato assunto con il suo vero nome. Per una buona ragione: Mohamed Traore è un immigrato clandestino. Per trovare con successo un lavoro registrato, il 38enne maliano – laureato in diritto commerciale nel suo Paese – è ricorso a un trucco comune tra le persone senza permesso di soggiorno: presentare regolarmente i documenti d’identità di qualcun altro. Chiamiamo questo “lavorare sotto uno pseudonimo”. Solo così potrai riscuotere le buste paga e infine comprovare il tuo lavoro e richiedere la regolarizzazione presso una prefettura.

Mentre un grande movimento di sciopero di oltre 600 lavoratori privi di documenti è stato lanciato martedì 17 ottobre nell’Ile-de-France, su appello del sindacato CGT, la presenza di questi scioperanti – la maggioranza dei lavoratori temporanei – in trenta aziende in il settore dell’edilizia, della logistica, dei rifiuti, della distribuzione e della pulizia, illustra ancora una volta la portata del lavoro degli immigrati privi di documenti e l’ipocrisia del sistema che li ignora o finge di ignorarli.

Mohamed Traore e il suo fascicolo con prova di presenza e attività retribuite in Francia.  A Montreuil (Seine-Saint-Denis), 15 ottobre 2023.
Elementi del fascicolo comprovante la presenza e le attività dipendenti in Francia di Mohamed Traore, a Montreuil (Seine-Saint-Denis), 15 ottobre 2023.

Allo stesso tempo, una ventina di lavoratori privi di documenti o ex lavoratori impiegati dai subappaltatori di Bouygues ai Giochi Olimpici (JO) o nei cantieri edili nell’area metropolitana di Parigi, con il sostegno del sindacato CNT-SO e di diversi collettivi di migranti privi di documenti, hanno occupato brevemente il sito dell’arena, Porte de la Chapelle, ospiterà gli eventi per le Olimpiadi del 2024.

Per lavorare, tutti questi lavoratori utilizzavano “alias” o documenti contraffatti, di solito con la conoscenza, si dice, del loro datore di lavoro.

“Il caposquadra sicuramente lo sa »

Mohamed Traore è uno degli attaccanti sostenuti dalla CGT. Da quando è arrivato in Francia, ha lavorato con quattro identità diverse. E non ne dubita nemmeno per un secondo: nessuno dei suoi superiori ne era all’oscuro. “Nel 2013, quando lavoravo come custode in una casa popolare, ho lavorato per la prima volta con i documenti di mio cugino, che è di razza mista e non mi assomiglia per niente, lui dice. Poi, dopo qualche mese, mia cugina non ha voluto più correre rischi, così ho portato al mio datore di lavoro un altro permesso di soggiorno, quello di un amico. » Il capo non si è mosso. Ha appena cambiato il nome sulle nuove buste paga. Mohamed è riuscito addirittura a firmare un contratto a tempo indeterminato. Quando invece, dopo cinque anni di presenza sul territorio, ha chiesto al suo capo di appoggiare la sua richiesta di regolarizzazione – in particolare certificando la gestione della sua presenza in azienda – quest’ultimo lo ha fatto senza ulteriori avvisi.

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Alberto Gabriele

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