Film della settimana: “Il Rapimento” di Marco Bellocchio

Da “I pugni in tasca”, il primo film arrabbiato e anticonformista del 1965, all’imponente serie TV “Esterno Notte”, una ricostruzione a più livelli del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse nel 1978, il film del 2022 viene trasmesso (argomento discusso a 1Tempo Prima con “Buongiorno” nel 2003), tra cui “Le Traitre”, un’avvincente esplorazione della sanguinosa macchina mafiosa [2019] Senza dimenticare il volto intimo del potere mussoliniano (“Vincere”, 2009), il grande cineasta Marco Bellocchio, nella sua esplorazione dei diversi volti dell’oppressione familiare, porta alla luce le convulsioni della storia italiana senza smettere di intaccarne le forme estetiche, religiose , politico.

RaccoltaBologna, 1858, il rapimento di un bambino ebreo da parte dei soldati del Papa

Con Il Rapimento, Selezione Ufficiale, Cannes 2023, Bellocchio ci offre una nuova opportunità per scoprire una parte poco conosciuta della storia italiana del XIX secolo, ancora sotto la violenta influenza della presunta onnipotente Chiesa cattolica. E questo attraverso un dramma operistico, tutto in rosso e nero, ispirato a un fatto di cronaca che fece scandalo in Italia e in molti paesi europei caratterizzati da aspirazioni liberali: il rapimento di un bambino ebreo di 7 anni da parte delle guardie del Grande Inquisitore di Bologna sotto il pontificato “traballante” di Papa Pio IX. nel 1858; Con il pretesto di un battesimo segreto da parte di un servo, il ragazzo viene portato via dalla famiglia e cresciuto in Vaticano, dove diventa prete nonostante la mobilitazione per la sua liberazione e le suppliche del padre al Papa, che invoca il comandamento di un’anima salva e l’onnipotenza della loro decisione irrevocabile.

Crepacuore intimo, epopea stravagante

Nel buio e nel silenzio di una sera qualunque, nel cuore del quartiere ebraico di Bologna, i soldati pontifici irruppero all’improvviso nella famiglia Montara. E pretende, secondo la legge pontificia, senza ulteriori spiegazioni, che le venga assegnato Edgardo. Nonostante le urla e i pianti, il bambino di 7 anni viene letteralmente strappato dalle braccia dei suoi genitori, tremante di paura e sopraffatto dal dolore.

Il cineasta costruisce quindi un affresco inquietante, in un ampio andirivieni tra l’introduzione alla fede cristiana e l’educazione del ragazzino a Roma nel bozzolo ritualizzato e protettivo del Vaticano sotto la molteplicità (e futile) autorità “spirituale” di Pio IX. ) Tentativi dei suoi genitori di condurre una campagna per il rilascio del loro amato figlio. Capiamo subito che la supplica di un padre, in ginocchio, con gli occhi bassi e la schiena inarcata, che cammina verso i piedi del Papa e scivola lentamente sul freddo pavimento di marmo, rappresenta allo stesso tempo il vuoto dell’impresa imminente contro il potere assoluto della legge divina e l’implicita inferiorità di una religione ebraica tuttora bandita dalla Chiesa cattolica. Un’impressione significativa che va oltre la scomparsa del potere laico del Papa.

Ambivalenza di una conversione, fermento di una nazione emergente

Analizzando la strana carriera di Edgardo, dalla rivolta del ragazzo ebreo all’adolescente convertito che si dedica al sacerdozio, il regista si rende conto di incappare in un mistero in quanto il giovane, dopo la sua liberazione (dopo il rovesciamento del potere secolare del Papa ) si imbatte in un segreto, conquista di Roma e unificazione d’Italia in corso), resta fedele alla fede cattolica, dimentica le sue origini al punto che, senza negare il legame con i genitori, sogna la loro conversione fino a trovarsi al capezzale di una madre morente sul suo letto giacciono lenzuola bianche, il suo viso torturato e i suoi enormi occhi neri aperti un’ultima volta e fissarono fissamente il figlio grande che si sporgeva verso di lei.

In una visione onirica di grande bellezza, Bellocchio dipinge l’ambivalenza del viaggio spirituale del giovane eroe del Ratto: lo vediamo, in un alone di luce blu, alzare lo sguardo verso una statua di Cristo in croce, mentre rimuove i chiodi che la gli legò le mani e i piedi forati. Gesù, così liberato, prende vita e discende dalla croce, come incarnazione di un sogno di libertà, come frutto umano, semplicemente umano, della fantasia di un ragazzo che si è finalmente riconciliato con le sue origini e con la sua storia. Un ragazzo ebreo che prima si nascose sotto la gonna della madre per sfuggire alle guardie papali, poi si nascose sotto la veste del Papa durante una partita a nascondino con i suoi compagni di seminario nei Giardini Vaticani. Un giovane preso dalle contraddizioni di una società e di una nazione complessa, pervasa da micidiali zone grigie e spiragli di coscienza, dal desiderio di unità nazionale, sulla scia di questo battaglione dell’esercito piemontese che fa crollare un muro del “luogo santo” ”. , un crollo a cui Edgardo guarda senza paura. Ha espresso ad alta voce la sua fiducia nel soldato familiare di fronte a lui.

“Il Ratto” di Marco Bellocchio, nella maestosità e nell’ampiezza del suo gesto, ci appare come un appello lirico e sontuoso contro il fondamentalismo e ogni forma di oppressione. Come un dipinto, con i suoi colori chiaroscurali e le sue discrete corrispondenze, a suggerire le onde che hanno attraversato la società italiana e che ancora oggi plasmano il Paese di Marco Bellocchio, oltre il rapimento di un bambino ebreo da parte della Chiesa cattolica nel 1858, oltre il “delitto è stato commesso”. il nome di un principio assoluto”, fonte di ispirazione e rabbia per il regista.

Samra Bonvoisin

“Il rapimento”, film di Marco Bellocchio – nelle sale il 1° gennaioehm novembre 2023; Selezione ufficiale, Festival di Cannes 2023

Alberto Gabriele

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