Roberto Maroni, figura storica del Carroccio, plurimandatari di governo e figura unica nel panorama politico italiano, è morto il 22 novembre a Lozza, in Lombardia, all’età di 67 anni, dopo una lunga malattia. Insieme a Umberto Bossi, fondatore della Lega Nord, che conosceva dalla fine degli anni ’70, Maroni era uno dei protettori di una famiglia politica che aveva dato l’addio a un’agenda autonoma incentrata sulle ricche regioni del nord Italia per un scopo nazionale, al diritto della legge italiana. Uno dei primi parlamentari inviati a Roma dagli elettori leghisti nel 1992, Maroni è stato tre volte ministro nelle coalizioni guidate da Silvio Berlusconi.
A coronamento di una carriera politica segnata da momenti di tensione con la leadership del suo partito, ha ricoperto la presidenza della Lombardia dal 2013 al 2018, una delle regioni più ricche d’Europa e la capitale economica del paese, oscurata dalla potente Milano nella prosperità dell’Italia in gioco. A Varèse, sua città natale nel cuore di questo operoso Nord, Maroni ha voluto continuare la sua vita politica prima di essere costretto ad abbandonare la sua candidatura alle amministrative del 2021, colpito da un tumore al cervello. Il partito che lascia resta parte integrante della destra italiana e fa parte della coalizione che ha vinto le elezioni politiche di settembre. La Lega, che nel 2017 ha abbandonato il riferimento al nord Italia nel suo nome, si è comunque ritirata nelle sue roccaforti storiche, guidata da un Matteo Salvini di cui Maroni non condivideva l’euroscetticismo e che aveva criticato per i suoi recenti deludenti risultati elettorali.
Attratto dalle idee autonomiste
L’identità politica di questo nordista, che aveva fatto degli occhiali spessi dalla montatura rossa il suo marchio di fabbrica, era infatti legata alla tradizione più moderata e regionale della Lega, contrapposta al populismo e al nazionalismo mutuato dai suoi attuali vertici. Apparteneva alla generazione dei fondatori e aveva conosciuto Umborto Bossi, leader storico della Lega Nord, nel 1979, proprio quando nelle province italiane stava emergendo il sentimento di autonomia. Tra la moltitudine di formazioni regionaliste allora sorte, spiccava la Lega Lombarda di Bossi.
Nata nel 1984 attorno alla richiesta di autonomia basata su criteri etnoculturali, il rifiuto del potere romano e “parassiti” paesi del sud, ha registrato i suoi primi successi elettorali. Attratto dalle idee autonomiste, Roberto Maroni ne ha accompagnato la crescita e il riavvicinamento alla Lega veneta, divenuta Lega Nord nel 1989 (si è strutturata in partito nel 1991). L’Italia era allora alla vigilia di una catastrofe politica di cui avrebbe approfittato questa formazione, nata dal rifiuto dei giochi politici tradizionali. All’inizio del 1992, i giudici di Milano scoprirono un’escalation di casi di corruzione che coinvolgevano praticamente tutti i partiti politici che erano stati al potere dalla fine della seconda guerra mondiale.
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