Cosa Nostra di Palermo: la mafia torna in politica

Cosa nostra palermitana
La mafia è tornata in politica

A cura di Andrea Affaticati, Milano

Sostenitori dubbiosi hanno aiutato il nuovo sindaco di Palermo a vincere. Gli esperti dubitano che la città possa soccombere ancora una volta alla mafia. Tuttavia, vi sono segnali che la retorica antimafia non è più efficace.

Con le elezioni comunali di domenica scorsa, a Palermo si è conclusa un’era. Dopo 22 anni in carica, il sindaco di sinistra liberale Leoluca Orlando si dimette. Il 74enne è sostituito dal difensore del centrodestra Roberto Lagalla, professore di medicina ed ex rettore dell’Università di Palermo. La vittoria del 67enne solleva una domanda: la mafia uscirà di nuovo allo scoperto e si impegnerà spudoratamente in politica? Tra i sostenitori di Lagalla, infatti, c’erano due personaggi dubbi.

I suoi oppositori politici attestano anche che lo stesso Lagalla è irreprensibile e non ha mai avuto a che fare con Cosa Nostra. Per molti è stato tanto più sorprendente che non abbia rifiutato l’appoggio di Salvatore “Totò” Cuffaro e Marcello Dell’Utri. Cuffaro è stato presidente della regione Sicilia dal 2001 al 2008 e Dell’Utri è stato cofondatore di Forza Italia di Berlusconi. Entrambi sono stati condannati a sette anni di reclusione per complicità con la mafia, pena che hanno scontato da allora.

“Se io sono potente, lo sei anche tu”

Tali preoccupazioni sono state accresciute in vista delle elezioni di domenica con l’arresto di due candidati al consiglio comunale per macchinazioni con Cosa Nostra. Uno appartiene a Forza Italia, l’altro appartiene al partito di destra Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Entrambi avrebbero chiesto il voto ai boss mafiosi. “Se sono potente io, lo sei anche tu”, ha detto ad Agostino Sansone il politico di Forza Pietro Polizzi in una conversazione ascoltata dagli inquirenti. Sansone è il fratello di Giuseppe e Gaetano Sansone, imprenditori edili un tempo vicini a Totò Riina, uno dei boss mafiosi più sanguinari di tutti i tempi. Fu Riina a ordinare i due attentati dell’estate 1992 che uccisero i pm Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. I fratelli Sansone avevano messo a disposizione di Riina una villa a Palermo, dove visse serenamente per 25 anni, nonostante fosse ricercato.

“Certo che ho un brutto presentimento per il risultato elettorale a Palermo”, ha detto il professore universitario Nando Dalla Chiesa in un’intervista a ntv.de. “Ma non per Lagalla, ma per alcuni suoi sostenitori”. Questi non fanno ben sperare. Dalla Chiesa è titolare della cattedra di “Sociologia della criminalità organizzata” all’Università degli Studi di Milano ed è fondatore dell’Osservatorio Mafia. Ma è anche figlio del generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa. Il governo italiano lo mandò nel capoluogo siciliano per domare la mafia. Nel settembre 1983 Dalla Chiesa fu assassinato da Cosa Nostra.

Povertà nei vicoli

L’ex sindaco, Leoluca Orlando, era riuscito a trasformare Palermo da città oscura e pericolosa in una metropoli di fama internazionale, visitata da 1,6 milioni di turisti da tutto il mondo nel 2019. Allo stesso tempo, questo lascia dietro di sé innumerevoli cantieri e i problemi. Non bisogna andare nel famigerato quartiere Brancaccio, dove nel 1993 fu assassinato dalla mafia il prete don Puglisi, per farsene un’idea. Basta imboccare una o due traverse di corso Vittorio Emanuele, la via che attraversa il centro storico dal duomo al mare, eccovi immersi in un altro mondo: macerie e rovine della seconda guerra mondiale, spazzatura , giovani che girano per le strade su motorini senza casco e musica assordante, miseria ovunque.

Certo, ci sono delle contraddizioni, dice Dalla Chiesa, ma la città ha comunque subito un profondo cambiamento. “Trent’anni fa si sentiva letteralmente il coinvolgimento nella mafia e il grande scetticismo nei confronti della giustizia, ma ora non più”. Non esclude battute d’arresto, è evidente un nuovo riavvicinamento tra il vecchio e il nuovo ambiente e non c’è dubbio che anche la mafia voglia beneficiare dei soldi del fondo Ue per la ricostruzione. Tuttavia, esclude la possibilità che la città possa ricadere nei tempi bui del passato.

Una certa nostalgia del passato

Attilio Bolzoni, scrittore e giornalista che è stato coinvolto nella mafia per tutta la vita, concorda sul fatto che Palermo ei palermitani sono radicalmente cambiati sotto Orlando. “Almeno in parte”, dice a ntv.de. Tuttavia, indica alcuni cambiamenti sociali che alcuni quartieri sembrano aver riconosciuto prima di altri. “Parliamo di Totò Cuffaro. Ha capito che il tempo dell’antipolitica era finito e per questo ha fondato in Sicilia una sezione della Nuova Democrazia Cristiana”. Con la fine dell’antipolitica, Bolzoni fa riferimento al Movimento 5 Stelle. Nelle elezioni legislative del 2018, il movimento ha ottenuto il 50% dei voti nella roccaforte mafiosa siciliana di Corleone. Questa domenica a Palermo era solo dell’8,7%. Questo nonostante la Sicilia sia la patria della maggior parte dei beneficiari del beneficio di cittadinanza, introdotto su insistenza del Movimento 5 Stelle. La Nuova Democrazia Cristiana ha ottenuto il 5,6% dei voti.

Il secondo cambiamento ha a che fare con un certo atteggiamento antimafioso che fa più affidamento sul culto che sulla sostanza. «Una volta all’anno, il 23 maggio, si commemora il tentato assassinio di Giovanni Falcone e il 16 luglio di Paolo Borsellino», dice Bolzoni. “Nel tempo queste commemorazioni sono degenerate in labbra vuote. La gente parla di Giovanni e Paolo come se fossero santi. Ma è così e la gente non è stupida, lo sente”.

Per Bolzoni non sono né Dell’Utri né Cuffaro il problema che la città dovrà affrontare in futuro, ma il nuovo sindaco. “Penso che sia un punto di forza che Lagalla, ex rettore dell’Università di Palermo, non abbia rifiutato il sostegno di questi due uomini”. Lagalla, inoltre, quest’anno non ha partecipato al 30° anniversario dell’assassinio di Falcone. Il motivo ufficiale era che voleva evitare proteste contro di lui. “Certo sarebbe sbagliato e stupido sostenere che Lagalla sia stato eletto solo dai mafiosi”, dice Bolzoni, “ma in città si sente una certa nostalgia del passato”.

Alberto Gabriele

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