Milano (Italia), 7 dicembre (EFE).- Gli incubi di uno zar pazzo hanno scosso oggi la Scala di Milano. Il tempio della lirica italiana ha aperto la sua stagione tanto attesa con un’opera russa, “Boris Godunov”, di Modest Musorgskij, con un messaggio quasi puntuale sul potere nell’odierno contesto internazionale e che ha ricevuto una standing ovation da parte del pubblico.
Nella tradizionale “Prima”, l’apertura della stagione, il pubblico più che esigente della Scala si è arreso a questa produzione e all’interpretazione del suo cast, in particolare del baritono Ildar Abdrazakov, il protagonista.
Gli applausi sono durati 13 minuti e sono arrivati anche dai palchi più alti, abitati dai più puristi e dai quali è caduto qualche fiore.
Tutto questo nonostante si tratti di un’opera considerata difficile, un po’ lenta nella prima metà, e cantata in russo, il che ha reso necessario seguirla con i sottotitoli.
Lo spettacolo, dalla messa in scena sobria ma efficace, è diretto da Riccardo Chailly e presenta la scenografia del danese Kasper Holten, oltre alla voce del tenore russo Dimitri Golovnine, principe detronizzato e perseguitato.
INNO EUROPEO ALLA SCALA
Lo storico teatro, magnificamente decorato per questa prima annuale nel giorno di Sant’Ambrogio, ha vissuto la sua notte più russa, paradossalmente nel bel mezzo dell’invasione ucraina.
L’europeismo si è però palesato con la presenza nel palco presidenziale della presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen.
Il tedesco si è seduto accanto al capo dello Stato italiano, Sergio Mattarella, accolto con una sonora ovazione, e al suo premier, Giorgia Meloni, che ha fatto il suo debutto proprio a questo evento.
Per questo la “serata” è iniziata non solo con l’inno italiano, come vuole la tradizione in questa giornata tutta patriottica alla Scala, ma anche con quello dell’Unione Europea.
UN’ATTUALE OSCURITÀ
La scelta di “Boris Godunov” per aprire la stagione milanista risale a tre anni fa, ma la sua permanenza in cartellone, denunciata da certe associazioni ucraine, ha una evidente risonanza attuale, in piena invasione dell’Ucraina.
Il testo del tormentato Musorgskij, tratto dall’opera di Alexander Pushkin, evoca giustamente il tema della coscienza e della verità come armi contro il potere dispotico e, data la sua profondità, è inevitabile pensare alla Russia di oggi.
La direzione della Scala è sempre stata molto critica nei confronti della guerra e, infatti, a marzo, due settimane dopo l’inizio dell’invasione, si è sbarazzata del direttore Valeri Guérgiev per non essersi rifiutato di denunciare pubblicamente l’attentato a Vladimir Putin , suo amico personale.
Il teatro ha però deciso di mantenere l’opera poiché le vicissitudini della politica, in teoria, non dovrebbero eclissare la cultura: “Non voglio nascondermi a leggere Dostoevskij”, ha affermato anche il capo dell’istituzione, Dominique Meyer.
LO ZAR E IL PREZZO DA PAGARE
“Boris Godunov” è stato uno spettacolo frequente nelle serate della Scala sin dalla sua prima nel 1909, diretta da Arturo Toscanini, ed è stato scelto per aprire la sua stagione operistica in ben due occasioni, l’ultima nella memorabile Prima del 1979 diretta da Claudio Abbado. .
Ma fu ora che avevano optato per la versione originale che Musorgskij rivoluzionò la musica del suo tempo con la sua crudezza e realismo, come un “Macbeth” al Cremlino dello Zar.
La commedia, ambientata nel 1598, è avvolta da intrighi e fa eco al regicidio e al tradimento. Il nobile Boris Godunov salì al potere dopo la morte dello zar Fëdor e dopo aver orchestrato l’assassinio dello “tsarevich” o legittimo erede.
Ma le sue astuzie finiscono per essere rivelate dagli scritti di un monaco, fonte dell’assegno per il novizio Grigirij, postulato legittimo proprietario del trono.
Lo zar Boris ha conquistato il trono ma… a quale prezzo? Ha vissuto i suoi ultimi giorni perseguitato giorno e notte dai fantasmi di coloro che avrebbe dovuto servire e vilmente tradito. Ed è già noto: chi uccide con il ferro, muore con il ferro.
Indubbiamente una trama che offre una lettura, per non dire una lezione, dei poteri moderni.
UN “PREMIUM” PER TUTTO
Il 7 dicembre, San Ambrosio, è il giorno della “Prima” e Milano, capitale del “belcanto”, lo ha vissuto con passione, come sempre. Anche molte persone hanno sfidato il freddo guardando l’evento su uno schermo gigante nella lussuosa Galleria Vittorio Emanuele II nelle vicinanze.
All’interno del “Piermarini”, come viene chiamato questo teatro, a due passi dal monumentale Duomo milanese, si potevano vedere artisti di statura come il regista Luca Guadagnino, lo scrittore Alessandro Baricco o l’architetto Stefano Boeri, tra le altre personalità.
Ma è stata anche una giornata di protesta, poiché decine di sindacalisti si sono radunati fuori dall’edificio per denunciare la crisi economica, mentre in mattinata la facciata del teatro è apparsa macchiata di vernice in un’azione attribuita a gruppi ambientalisti.
Gonzalo Sanchez