Annie Ernaux, 48 ore in Italia con il Premio Nobel per la letteratura

È un’esperienza divertente accompagnare Annie Ernaux in un viaggio. Anche all’estero, c’è sempre un momento in cui qualcuno si avvicina per articolare qualcosa del tipo: “Scusa, assomigli molto ad Annie Ernaux… Se riesco a ricevere un libro in quindici minuti, potresti autografarlo per me? » Ancora e ancora un momento in cui due signore, anche in una tranquillissima trattoria bolognese, rinunciano a un’ottima mortadella per venire a raccontare all’autore de “la Place” la loro emozione nel vederle “nel suo ristorante preferito”. E anche la sera, quando Annie Ernaux torna da Piazza Maggiore, dove abbiamo bevuto qualcosa al viso bello e serio di Pasolini in municipio, un giovane portoghese è davanti al suo albergo per chiederle di autografare cinque suoi libri. “Non potevo dire di no”sussurra, come confidandole sia un piacere un po’ colpevole che un sentimento a volte di disperazione per l’incredibile passione di cui è oggetto.

Questa passione non è nuova. Annie Ernaux ha insistito il primo vincitore francese del Premio Nobel per la letteratura suscitare un insolito entusiasmo. È lontano il tempo in cui una giovane donna normanna, nata nel 1940, si presentò nel piccolo negozio di alimentari dei suoi genitori a Yvetot leggere febbrilmente la “Nausea” di Sartresi è immerso in “Rebellious Man” di Camus e ha sognato un giorno di scriverne uno suo “vendicare la sua razza”.

Oggi il suo lavoro è ricco

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Alberto Gabriele

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