“A Verónica sono state dette cose che non sono vere e dovrebbe scusarsi pubblicamente con me.” È così che ho risposto Silvio Berlusconi di nuovo alla moglie quando ha chiesto il divorzio, nel 2009, dopo che il premier italiano è stato trovato a una festa per il diciottesimo compleanno di una figlia che lo chiamava affettuosamente “papà”.
Per risolvere il pasticcio mediatico e familiare, Berlusconi ha pubblicato una fotografia su uno dei suoi media, per smentire le voci. La fotografia ritraeva l’allora minorenne con i suoi genitori e lo stesso Berlusconi, mentre brindavano. Il problema è stato che la sua veridicità è stata subito messa in discussione da diverse testate giornalistiche e sui social network, dove migliaia di italiani lo hanno accusato che la fotografia fosse un rozzo fotomontaggio e hanno iniziato a realizzare -e pubblicare online- i propri fotomontaggi sotto forma di meme, con il hashtag “brindisi con papà”. In essi è apparsa la figlia Berlusconi e, al posto dei genitori, Margarina E Homer Simpsono il Papa Benedetto XVI, o chiunque sia conosciuto dalla cultura pop italiana. Da uno scandalo di gonne, è passato alla prima battaglia di meme al mondo. Dalla critica politica alle esilaranti critiche satiriche sulle reti. Berlusconi è stato anche un pioniere in questa forma di comunicazione politica. Non è stata l’unica volta.
In primo luogo perché nessuno come lui ha capito l’importanza dei media nella politica degli anni ’90 in Europa. Per acquisire notorietà, promuovere la propria agenda politica e influenzare l’opinione pubblica, a proprio favore ma anche contro i propri avversari. I suoi media gli hanno dato una copertura ampia e favorevole, che gli ha permesso di consolidare la sua immagine e ottenere il consenso popolare.
Berlusconi ha capito meglio di chiunque altro che il modo migliore per fare politica era entrare nelle case della gente attraverso, soprattutto, lo spettacolo.
Poi, perché Berlusconi ha capito meglio di chiunque altro che il modo migliore per fare politica era entrare nelle case della gente, attraverso l’informazione, ma soprattutto attraverso l’intrattenimento. Intrattenere, divertire, umanizzare, era il suo modo di mostrarsi come un altro italiano. E di solito votiamo per chi è più simile a noi. E Berlusconi è stato votato più per la sua “umanità” che per la sua ideologia.
In terzo luogo, metteremo in evidenza la sua grande eloquenza, il suo carisma e le sue capacità comunicative, che gli hanno permesso di catturare costantemente l’attenzione del pubblico e di connettersi con le emozioni delle persone. Ad esempio, quando in un’intervista un giornalista lo ha aggredito con rabbia, andando a sedersi nel posto occupato dal giornalista, Berlusconi ha asciugato lo sgabello con il fazzoletto e ha fatto uno scherzo ai telespettatori. Il suo carisma gli ha permesso di forgiare un’immagine di leader forte ed efficiente, un’immagine che è ovviamente rafforzata dai suoi media.
In quarto luogo, ha capito i social media prima della stragrande maggioranza dei politici del suo tempo. Ha utilizzato piattaforme come Facebook e Twitter per comunicare direttamente con i cittadini, diffondere messaggi politici e rimanere in contatto con i suoi sostenitori. Possiamo ancora vedere un esempio recente: durante le ultime elezioni italiane, ha lanciato il suo canale TikTok per parlare ai giovani. Il primo giorno lo seguirono 750.000 persone. La maggior parte di loro non erano nati quando Berlusconi era presidente del Consiglio nel primo mandato, o erano bambini quando era presidente del Consiglio nel secondo. Ma sapeva che era importante innovare anche nella comunicazione attraverso questo canale.
Ci lascia oggi un pezzo della storia politica dell’Italia sì, ma anche della sua comunicazione.
Saverio Peytibi È consulente politico presso Ideograma, politologo e autore di Campagne connesse: la comunicazione politica in campagna elettorale e coautore di Come comunica l’alt right: da Pepe la rana al virus cinese.