13:54 THE VIVE DE L’HISTOIRE //////PAD venerdì 02 giugno 2023

Nella primavera del 1944, Mussolini, un rifugiato del nord nella repubblica fantoccio di Salò, era diventato il burattino di Hitler. Capo del governo regio del paese e interlocutore degli alleati nel sud era il maresciallo Badoglio. Aveva tradito Mussolini, che gli ha permesso di essere ancora lì, come un altro faro del fascismo.
Fu lo stesso che comandò l’invasione dell’Etiopia e divenne Duca di Addis Abeba.

Questo 4 luglio è un buon momento per commemorare la guerra d’Etiopia, che lanciò una serie di provocazioni da parte delle potenze brune d’Europa dal 1935 al 1939.

Tanto più che lo storico Yves Pourcher ha appena raccolto gli interventi che poi il grande etnologo francese Marcel Griaule ha moltiplicato. Griaule aveva guidato diverse spedizioni etnografiche in questo paese, che conosceva bene. Quando Mussolini lancia attacchi terrestri e aerei dai suoi territori di Eritrea e Somalia, risponde subito con una serie di articoli, conferenze e consultazioni.

Griaule non ha sempre avuto ottimi rapporti con gli etiopi, che sapeva per esperienza non erano cherubini. Il loro capo, l’imperatore Haile Selassie, il Negus, lo aveva persino colto alla sprovvista, non gradindo che gli europei si avvicinassero troppo alla loro storia, che non era mai stata colonizzata.

Va anche detto che Griaule inizialmente non odiava il fascismo. Amava l’Italia, capiva che voleva accompagnare l’allora massiccia emigrazione dei suoi abitanti. Semplicemente non accettava che volessero impiantare un insediamento in un paese antico con antiche tradizioni, per di più cristiano: la maggioranza dei circa dieci milioni di etiopi erano copti

Griaule avverte gli italiani. Gli etiopi hanno già rinviato il loro primo tentativo di conquista nel 1896. Brutte sorprese potrebbero aspettarti di nuovo. Non hanno quasi aerei o carri armati. Ma hanno il vantaggio di conoscere il terreno.

Un etnologo è sempre un geografo. Commenti di Griaule, schede per i giornali francesi. Guarda, dice, il cuore del paese, questi altipiani, giacciono come una torta savoiarda sui deserti. Rappresentano un castello fortificato e una torre d’acqua, creano ricchezza, ma per raggiungerli bisogna attraversare centinaia di chilometri di terra inospitale governata da generali invisibili chiamati Malaria, Dissenteria, Sete e Notti Bianche.

Griaule osserva che gli eserciti dell’Imperatore e dei suoi capi provinciali, i Ras, si stanno gradualmente ritirando pur rimanendo sfuggenti, costringendo gli italiani ad avanzare lontano dalle loro basi nelle distese nemiche. Il fattore meteo, aggiunge, potrebbe presto condizionare la prossima stagione delle piogge, che sarà sfavorevole agli invasori. Dall’ottobre 1935, data dell’attacco italiano, fino alla fine dell’anno, fu lieto che questa strategia fosse usata metodicamente.

Era senza contare sugli stranieri

Nell’entourage del Negus ci sono altri esperti militari che non sono mai stati in Etiopia e gli consigliano di attaccare frontalmente le sue truppe, anche a rischio di catastrofe, poiché le armi delle due parti sono disuguali.

E alla Società delle Nazioni, antesignana dell’Onu con sede a Ginevra, ci sono bravi diplomatici apostoli che prendono atto del contraccolpo etiope e dicono che c’è bisogno di negoziare subito ritiri territoriali. Il leader francese nel 1935 è Pierre Laval, che avrebbe accettato volentieri questo risultato. Avrebbe detto di Haile Selassie: “Quel negro, quel negro, ci sta avvelenando”.

Perché in realtà è una guerra tra neri e bianchi.

Griaule dice degli etiopi che hanno costruito alcune delle architetture più antiche e strane del patrimonio vivente dell’umanità, ma per Laval o Mussolini erano solo neri e dovrebbero essere puniti per non aver seguito l’avanzata delle società mediterranee.

Non importa se sono cristiani. Griaule descrive gli eremiti copti che escono dalle loro capanne per avvertire gli italiani – invano – “Guardate bene la croce che io brandisco, assomiglia a quelle che sono poste sulle vostre tombe”.

Gli italiani finiranno per usare un processo poco cristiano.

Gas! gas mostarda! Bandito dal testo di Ginevra dopo l’uso durante la prima guerra mondiale.

Il pittore fascista-futurista Marinetti si meravigliava del carattere divino del bombardamento aeronautico, che, cito, arricchì l’arte di nuove proprietà plastiche. Gli italiani, infatti, dotarono le ali dei loro aerei di vaporizzatori a gas.

A marzo aprile è crollato tutto. Il maresciallo Badoglio entrò in maggio ad Addis Abeba, che il negus aveva disertato.

Griaule accompagnerà l’imperatore nel suo esilio a Gibilterra e poi a Londra. Il libro di Yves Pourcher si conclude con il discorso del Kaiser alla Società delle Nazioni del 30 giugno, in cui denuncia l’uso della guerra chimica: “Non possiamo combattere contro la nebbia”.

Nei giorni che seguirono iniziò la guerra in Spagna. Casualmente, dopo la sua sconfitta, il Presidente della Repubblica spagnola in esilio si rifugiò nel villaggio savoiardo di Griaule, dove fu accolto nella sua casa.

Mentre leggevo tutti questi testi, mi è venuto in mente un altro esperto dedicato. Il nostro miglior specialista in Jugoslavia era il linguista Paul Garde, che conosceva tutti gli idiomi. Quando il serbo Milosevic ha osato la sua folle avventura omicida, Paul Garde ha rinunciato a tutto per ottenere la sua testimonianza. Perché, si chiede Yves Pourcher: “A che servono gli studi se chi li ha fatti chiude gli occhi e si tappa le orecchie nel momento del pericolo?”

Marcel Griauléinvasione dell’EtiopiaTesti raccolti e presentati da Yves Pourcher, edizioni Anacharsis**

Alberto Gabriele

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