In Italia si abusa della memoria dell’antifascismo

L’Italia avrebbe dovuto celebrare la sua liberazione dal fascismo e dall’occupazione tedesca martedì 25 aprile. Almeno una parte del paese, visto che la data è ancora contesa tra combattenti della resistenza e sostenitori di Mussolini a 78 anni dalla fine della guerra civile, mentre le commemorazioni sono servite per decenni come base per un antifascismo ufficiale, inseparabile da un’identità repubblicana costruito dai vincitori.

Sfidare questa festa nazionale non è una novità per la destra. Quest’anno, invece, prende una piega diversa, un tono più pesante. Per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale, i lontani eredi dei vinti del 1945 sono arrivati ​​a dominare l’esecutivo. La sua famiglia politica, che ha partecipato ai governi di coalizione dagli anni ’90, è ora dominante all’interno della destra italiana, guidata dalla sua leader Giorgia Meloni, leader del partito di estrema destra Fratelli d’Italia e ora amministratore delegato.

La generazione politica di MMe La Meloni, classe 1977, non ha più molto in comune con i suoi predecessori neofascisti e poi postfascisti, che già avevano rifiutato il fascismo come partito “Pura malvagità”. Tuttavia, la memoria della guerra civile italiana, riflessa nelle violenze degli anni ’70 tra l’estrema sinistra e l’estrema destra, è ancora una volta oggetto di polemica in un’Italia dove il passato pesa ancora e dove la regola meloniana pensa di aver per vendicarsi “egemonia culturale” lungo nelle mani della sinistra.

La Russa Escursioni

“Parlare di un ritorno del fascismo come avvenne nel 1922 sarebbe ridicolo. La crisi dell’antifascismo, invece, è evidente riassume Ezio Mauro, 74 anni, figura di spicco del giornalismo italiano, ex caporedattore del quotidiano di centrosinistra La Repubblica. Questo governo sta lavorando per abolire una religione civile che è comunque la base della nostra costituzione. »

Le polemiche delle ultime settimane sono state alimentate in particolare dalle ripetute uscite del presidente del Senato Ignazio La Russa, 75 anni, rappresentante di una generazione di destra cresciuta all’ombra dei neofascisti del dopoguerra. Signor La Russa, così spiegato in un’intervista qui sotto La Repubblica 21 aprile che a suo avviso la costituzione della Repubblica italiana non lo era “Nota Antifascista”, contrariamente a quanto sostiene la sinistra.

Poco prima, la seconda persona di stato che conserva in casa i busti di Benito Mussolini, aveva già fatto scandalo proponendo una lettura alternativa di un episodio di grande rilievo per la memoria italiana: l’attentato di via Rasella, l’azione più eclatante della resistenza italiana contro un reggimento delle SS il 23 marzo 1944 per Herr La Russa, i 32 morti dalla parte tedesca non erano altro che “membri semi-pensionati di un gruppo musicale” niente nazisti.

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Alberto Gabriele

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