Giorgia Meloni non aveva fretta. Del resto lei è alla guida del governo italiano da più di tre mesi quando arriva a Berlino per la prima volta questo venerdì. E la capitale del primo Paese partner dell’Ue è solo una delle tante tappe di un “tour de force” attraverso diverse capitali, come lo definisce la stampa italiana.
Sabato la Meloni era in Libia per un contratto da otto miliardi di gas. Ancor prima del cancelliere tedesco, la Meloni si ferma venerdì mattina a Stoccolma per incontrare il collega svedese, il cui Paese detiene attualmente la presidenza del Consiglio dell’Ue.
Dopo la visita a Berlino, Varsavia è all’ordine del giorno, anche se la data non è ancora nota. Dovrebbe anche tornare dal presidente Volodymyr Zelenskyj in Ucraina, data che viene comunque tenuta segreta per motivi di sicurezza.
Un rapporto teso
Si discuterà di “notizie bilaterali, europee e internazionali”, ha annunciato la scorsa settimana la vice portavoce del governo del cancelliere Olaf Scholz, Christiane Hoffmann, annunciando l’incontro italo-tedesco.
Dietro questa secca agenda si nascondono più divergenze del solito tra i due paesi fondatori dell’Ue, che da decenni intrattengono relazioni quasi costantemente eccellenti. A livello bilaterale, la politica italiana nei confronti delle navi di salvataggio in mare principalmente tedesche rischia di diventare un problema.
Il semaforo sotto un cancelliere SPD con una forte affluenza verde è ancora più infelice del governo guidato dalla CDU sotto Angela Merkel. Il ministro dell’Interno italiano Matteo Piantedosi sembra più flessibile del suo spavaldo predecessore al potere. Matteo Salvini all’epoca aveva semplicemente bloccato i porti italiani.
Ma la nuova distribuzione dei porti remoti nel nord Italia sta ostacolando in modo massiccio le operazioni di salvataggio delle navi. Meloni, dal canto suo, si lamenterà della riluttanza della Germania ad accogliere una congrua fetta di chi arriva via mare.
Differenze di opinione separano Roma e Berlino anche sulla politica ucraina. Se il cancelliere Scholz appare molto titubante, Giorgia Meloni non è solo celebrata dal presidente ucraino per la sua determinazione a fornire aiuti militari. Continua così la politica del suo predecessore Mario Draghi in piena trasparenza.
Ho cercato di imparare il tedesco, ma non ci sono riuscito. Io sono il ripieno. Sono allergico alla Germania anche nei libri.
Giorgia MelonePrimo ministro italiano
In sostanza, questa prima visita ufficiale – Scholz e Meloni si sono già incontrati in diversi vertici – dovrebbe essere una prova di quanto si possa andare d’accordo. Un governo tedesco a Berlino che si è leggermente spostato a sinistra si trova di fronte al governo più di destra a Roma dalla fondazione della Repubblica italiana.
Gli incontri con altri tedeschi della politica europea, invece, sono stati ovviamente cordiali. Dopo un incontro di inizio gennaio, la presidente democristiana della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha sottolineato che è stato “un piacere” parlare con la Meloni.
Manfred Weber, leader della famiglia conservatrice dei partiti al Parlamento europeo, vuole addirittura che il partito post-fascista “Fratelli d’Italia” di Meloni si unisca al suo gruppo di destra “conservatori e riformatori” PPE.
Mentre Scholz si congratulava con la collega per la vittoria elettorale di fine settembre, forse un po’ più calorosa di quanto ci si aspetterebbe da una socialdemocratica, la Meloni non perdeva occasione per coltivare indiscriminatamente l’immagine nemica della “sinistra”.
La famosa minaccia della campagna elettorale che, sotto la sua guida, “non si diverte più” in Europa, è oggi smentita dal suo corso finora molto pio sull’Ue. Ma la visita della Meloni a Berlino potrebbe dimostrare se anche l’altra sua dichiarazione di guerra da campagna elettorale è stata affrontata: intende fare politica in futuro come la Germania, privilegiando l’interesse nazionale.
Che ci siano alcune riserve nei confronti dei grandi vicini è noto al più tardi dall’estate. Poi la Meloni si è rivolta ai video all’estero per dissipare le preoccupazioni su un futuro governo sotto la sua guida. Lo ha fatto in francese, inglese e spagnolo fluentemente. Non in tedesco.
In un’intervista al quotidiano “Libero”, la premier poliglotta una volta ha spiegato i suoi problemi con il tedesco: “Ho cercato di imparare il tedesco, ma non ci sono riuscita. Sono io quella che imbottisce. Sono allergica alla Germania anche in i libri.”
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