Dalle parole ai fatti. Secondo le nostre informazioni, confermate dal Ministero degli Affari Esteri, la Francia ha appena notificato il suo ritiro dal Trattato sulla Carta dell’Energia (TCE), questo accordo internazionale in vigore dal 1998 che protegge gli investitori dai cambiamenti nelle politiche energetiche. Il presidente Emmanuel Macron ha annunciato la sua intenzione di farlo il 21 ottobre.sostenere che lo sarebbe “in linea con l’accordo di Parigi”, ma da allora né l’Eliseo né il governo si erano pronunciati sull’argomento. Come stabilito nel testo, queste dimissioni entreranno in vigore un anno dopo il suo annuncio, vale a dire il 1° gennaio 2020ah gennaio 2024.
“Clausola di sopravvivenza”
La Francia è il secondo paese tra i 53 Stati firmatari dell’ECT - l’Unione Europea (UE) e i suoi Stati membri, ma anche Giappone, Turchia, Ucraina, Georgia e Kazakistan – a prendere una tale decisione. Si unisce all’Italia, che ha lasciato nel 2016. A novembre, altri Stati membri dell’UE come Germania, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia, Lussemburgo e Spagna avevano segnalato la loro decisione di fare lo stesso. Finora, però, nessuno di essi ha informato la Commissione della loro effettiva revoca.
Il TCE, concepito dopo il crollo dell’impero sovietico e la guerra del Golfo, aveva l’obiettivo di garantire l’approvvigionamento energetico del vecchio continente. Consente agli investitori di questo settore di chiedere un risarcimento davanti a un tribunale privato a uno Stato che, modificando le proprie politiche, inciderebbe sulla redditività dei loro investimenti. Anche se un Paese decide di andarsene, rimane vincolato ai suoi impegni per vent’anni – questa è la “clausola di sopravvivenza”.. Teoricamente, la Francia non potrà farne a meno prima del 2044.
Oggi, il trattato rappresenta un freno alle ambizioni dei paesi che cercano di combattere il riscaldamento globale ed è incoerente con il ritmo della decarbonizzazione economica richiesto dall’Accordo di Parigi, ha stabilito il 19 ottobre l’Alto Consiglio francese per il clima. I fautori del TCE sostengono che influisca anche sul settore delle energie rinnovabili. I suoi critici ribattono che il suo effetto principale è quello di cambiare la sovranità energetica dei firmatari dell’ECT.
Se i paesi più grandi accettassero di lasciare insieme il TEC e di liberarsi dai rispettivi obblighi, il trattato sarebbe ridotto al minimo indispensabile.
In questo contesto, la Commissione, che sta negoziando per conto dei Ventisette, aveva auspicato una modernizzazione del trattato anziché un’uscita coordinata e il 24 giugno ha approvato in linea di principio un progetto di riforma e ha negoziato a lungo con gli altri Stati partecipanti nell’ECT. I firmatari del testo avrebbero dovuto votare formalmente il 22 novembre, un voto che richiedeva l’unanimità. Ma i Ventisette erano divisi, e diversi Paesi – Francia, Spagna, Olanda e Germania – avevano snobbato l’esecutivo comunitario e si erano rifiutati di dargli il mandato necessario. La votazione è stata quindi rinviata all’ultimo momento e una nuova riunione è prevista entro aprile 2023.
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