Professore italiano F. Benedetti: il placebo non può alleviare il dolore tanto quanto i farmaci

“Sono 20 anni che faccio ricerche sul dolore e sono giunto a una conclusione sorprendente: il placebo attiva gli stessi meccanismi dei farmaci tradizionali. Un farmaco è una molecola introdotta nel corpo e che influenza alcune reazioni chimiche. Ciò stimola cambiamenti nei neuroni, che riduce la sindrome del dolore”, spiega F. Benedetti.

Cosa succede quando un medico dà a un paziente un medicinale falso che non ha alcun effetto? Le aspettative legate all’uso del farmaco “attivano” alcuni meccanismi fisiologici: si attiva il nucleo focale del cervello (lat. nucleo accumbens), aumenta la produzione di dopamina, così come il rilascio di più peptidi oppioidi che hanno un effetto analgesico, scrive zdr.ru.

Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva che dipende fortemente dalle caratteristiche psicologiche della personalità. Pertanto, una combinazione di fattori psicosomatici porta agli stessi cambiamenti neuronali quando si assume un placebo come quando si assumono farmaci.

Secondo un recente studio condotto presso l’Università di Oxford e South Hampton, il 97% dei medici ha somministrato almeno una volta un placebo ai propri pazienti. E questo fatto è facilmente spiegabile. La comunicazione con uno specialista, il processo di esame, l’ambiente tipico di uno studio medico: tutto ciò costituisce il cosiddetto rituale terapeutico. L’effetto placebo è spiegato anche dalla fiducia nella figura del medico, l ‘”effetto di significato” – la sensazione inconscia che ciò che sta accadendo sia significativo. La frase: “Adesso ti darò degli antidolorifici e tutto passerà” ha di per sé un effetto calmante.

“Purtroppo solo una percentuale compresa tra il 7 e il 15% sperimenta l’effetto positivo dei pazienti trattati con placebo. Secondo le mie osservazioni, i placebo funzionano particolarmente bene per le persone ansiose che hanno forti fluttuazioni emotive o per coloro che hanno costantemente bisogno di conferma o motivazione. Ci sono anche persone che soffrono di intestino irritabile sindrome”, nota F. Benedetti.

È interessante notare che a volte si osserva un effetto placebo negativo – nocebo: i pazienti iniziano a sperimentare gli effetti collaterali attesi dal farmaco.

In questo caso, i meccanismi delle strutture sottocorticali del cervello funzionano nella proporzione opposta: le aspettative negative rafforzano l’attività della colecistochinina e disattivano la dopamina. Questo è un altro esempio di come un’attività mentale complessa possa influenzare la fisiologia del corpo.

“Una volta, dopo la mia lezione sui placebo, fui avvicinato da sciamani e maghi che mi offrirono di usare le loro erbe e i loro amuleti come placebo. Anzi, si offrirono di diventare il loro agente pubblicitario: in fondo per me è lo stesso usare l’acqua zuccherata oppure un magico infuso di conifere. Naturalmente rifiutai”, ricorda il professore.

Ma secondo l’opinione della maggior parte dei medici, qualsiasi procedura che promuova aspettative positive e crei fiducia nel trattamento è giustificata. Dopotutto, uno degli effetti più efficaci del placebo è la riduzione dell’ansia. L’invito a pensare positivo ha quindi una base medica: è così che si dà al cervello il segnale di schierarsi dalla propria parte.

Alberto Gabriele

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