Jean-Baptiste Andrea, vincitore del Premio Goncourt, ha avuto l’opportunità di incontrare i suoi lettori durante la Fiera del Libro di Brive. In particolare ha firmato il suo ultimo romanzo “Veiller sur elle”, edito da Iconoclaste. Ci racconta la storia di come è nato il suo romanzo. Colloquio.
France 3 Limousin: Prima di pubblicare il tuo primo romanzo, La mia regina, che ha vinto anche il Premio Femina per gli studenti delle scuole superiori, hai subito quattordici rifiuti. È un bel corso?
Sì, in realtà ho ricevuto quattordici lettere di rifiuto. Ma mi sembra abbastanza normale. Gli editori ricevono migliaia di manoscritti ogni anno. A volte è molto difficile riconoscere qualcosa. Quindi non lo dico in modo dispregiativo o amaro. Fa parte del viaggio, normale, credo, per molti scrittori.
Dopo aver scritto per il cinema per vent’anni, nutrivi il desiderio profondo di scrivere qualcos’altro, soprattutto romanzi?
Il cinema è un’ottima scuola per me. Ma come in ogni scuola, devi sapere come scappare, aprire le ali e provare a volare davvero proprio con quelle ali. Dopo vent’anni di cinema mi sembrava di svolazzare in questa gabbia. Volevo disperatamente un po’ d’aria fresca, anche se ciò significava schiantarmi contro un dirupo. Volevo davvero fare un salto nel vuoto e il mio primo romanzo è stato proprio questo: un tentativo di liberarmi davvero da questa gabbia, che di per sé era una bellissima gabbia. Ho imparato molto dal cinema.
Con “Veiller sur elle”, edito da Iconoclaste, si parte decisamente alla grande. Questo libro racconta la storia di Michelangelo, detto Mimo, uno scultore povero che si innamora perdutamente di un’aristocratica, Viola. Vuoi abolire le classi sociali nel tuo romanzo?
Adoro le storie sulla conquista dell’impossibile. Per tutta la vita mi è stato detto che era molto difficile, se non impossibile, diventare uno scrittore. Quella è stata una conquista. Mi piace l’idea di trascendere i confini che ci vengono fissati dalla nascita, dalla famiglia, dall’istruzione o dalla sua mancanza e dalla società. Credo che tutto sia possibile nella vita.
Ci sono molti ostacoli. Hai parlato di confini. Infatti Mimo è un nano e scultore e Viola è una donna nell’Italia dell’inizio del XX secolo. I tuoi personaggi devono mostrare prontezza al combattimento?
L’eroina Viola è soggetta a molti più divieti rispetto all’eroe maschile Mimo perché è una donna. E poi c’è una dinamica romantica dietro questa relazione che per me è piuttosto incredibile. È una coppia molto divertente che spero sia spesso, a volte disperata, e che guida l’intera storia d’amore di questo romanzo.
Percepiamo anche un’arte che supera le differenze. Questo romanzo abbraccia il secolo. Ci sono state delle rinunce da quando abbiamo vissuto l’avvento del fascismo con Mussolini?
Volevo che i miei eroi fossero fallibili. Questo mi sembra molto importante perché siamo in gran parte determinati dai nostri errori, dal modo in cui li superiamo, dal modo in cui li evitiamo o, talvolta, dal modo in cui ne usciamo. Per me era molto importante che gli eroi prendessero queste decisioni a volte discutibili.
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