Dodici colorate canoe senegalesi e altrettante barche mauritane giacciono uno dopo l’altro sul molo del piccolissimo porto di pescatori tradizionale di La Restinga, nelle Isole Canarie. Sulla piattaforma, due operai, sopraffatti, sono impegnati a distruggerla e a fare spazio. Per molto tempo, quando i migranti finirono sull’isola di El Hierro, la più piccola e più occidentale dell’arcipelago spagnolo, fu solo “per caso”, perché si erano persi nell’immensità dell’Oceano Atlantico, che bagnava le acque nere e ripide e coste rocciose di questo antico vulcano al largo delle coste del sud del Marocco. Ora non solo vi si recano volontariamente, ma da quest’estate El Hierro, che conta solo tre comuni e meno di 10.000 abitanti su un’area di 268 chilometri quadrati, è diventata la principale porta di accesso alla Spagna via mare.
“Il Marocco ha aumentato la sorveglianza delle sue coste e, mentre da lì continuano a partire gommoni e barche, stiamo assistendo ad una certa riconfigurazione delle rotte migratorie”. spiega Sofia Hernandez, responsabile del centro di coordinamento della compagnia pubblica di salvataggio in mare Salvamento maritimo, a Las Palmas de Gran Canaria. Per non essere intercettate dalla guardia costiera, le canoe si allontanano dalla costa e si dirigono direttamente a El Hierro prima di proseguire verso nord…” Se tutto andrà bene, i passeggeri, soprattutto senegalesi ma anche gambiani e guineani, arriveranno in questa riserva della biosfera dopo sei-otto giorni in mare e quasi 1.500 chilometri percorsi.
Solo nel mese di ottobre vi sono sbarcati quasi 7.300 migranti: un evento senza precedenti in un periodo di tempo così breve. “Anche la ‘crisi della canoa’ del 2006 non può essere paragonata a ciò che sta accadendo qui.” spiega Javier Armas, senatore e consigliere comunale del villaggio di El Pinar, pensando ai 31.000 migranti sbarcati quest’anno alle Isole Canarie. Una cifra che sta per essere superata: sono già quasi 30mila i migranti arrivati nell’arcipelago tra l’1 e il 2019ehm Gennaio e 31 ottobre. Secondo il collettivo di soccorso migranti Caminando Fronteras, almeno 778 persone sono morte o scomparse durante la pericolosa traversata nella prima metà dell’anno.
Bacari Djassi è scampato per un pelo. Partito da Nouakchott in Mauritania nell’aprile 2021 a bordo di un peschereccio che ospitava 65 migranti come lui, il viaggio dell’allora sedicenne senegalese avrebbe dovuto durare dai quattro ai cinque giorni. “Il sesto giorno ci siamo resi conto che eravamo perduti. Non avevamo più niente da mangiare o da bere. Il primo passeggero muore dopo aver bevuto acqua di mare. Nei giorni successivi, 17 corpi dovettero essere gettati in acqua…” spiega il giovane, originario di Kolda in Casamance.
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